Spesso i prigionieri si tengono in vita con il telefono
- ottobre 18, 2020
- in Lettere dal carcere
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Invece di liberalizzare le telefonate e consentire i colloqui riservati delle persone detenute con i propri familiari, come già avviene in molti Paesi, il legislatore italiano ha creato un nuovo reato, ma chi è quel prigioniero che non rischierà quattro anni di carcere per sentire la voce dei propri figli? Con la nuova legge, una telefonata che fuori costa pochi centesimi in carcere potrebbe costare quatto anni di carcere: in questo modo i nostri legislatori pensano di evitare che i telefoni entrino in carcere. Non sanno quanto si sbagliano, rischiano solo di riempire le carceri, perché quando sei murato in una cella, solo e disperato, una telefonata con la donna che ami o con una persona cara, ti salva la vita.
Si parla spesso di responsabilizzazione dei detenuti, ma è difficile che un detenuto si senta responsabile quando ti impediscono di relazionarti con le persone che ami. È difficile pentirsi del male fatto quando una volta in carcere, in nome del popolo italiano, ti limitano di parlare al telefono con i tuoi genitori anziani, ti proibiscono di dare, o ricevere, un bacio o una carezza in intimità con la propria compagna o con i propri figli. In questo modo, con il passare degli anni, in carcere smarrisci la forza e la voglia di amare. E la cosa più tremenda è che non ti accorgi neppure di perderla e col tempo “l’Assassino dei Sogni” (come chiamo io il carcere) ti mangia tutto l’amore che avevi prima di entrare in galera. Alla lunga il carcere divora l’amore di chi sta fuori e uccide l’amore di chi sta dentro. E l’amore in carcere quando finisce non fa rumore, ti spezza solo il cuore.
Credo che nessuna pena, nessuna legge, dovrebbe impedire di comunicare, di amare, di dare un bacio, una carezza alle persone che ami, neppure in nome della sicurezza sociale. Eppure nelle nostre Patrie Galere accade anche questo. Sembra che l’Assassino dei Sogni odi l’amore e usi le sbarre, i blindati e i cancelli per non farlo entrare, neppure per telefono. Credo che in fondo i detenuti italiani non chiedano molto, neppure la luna, chiedono solo, come accade in molti Paesi del mondo, di continuare a rimanere umani per potere amare ed essere amati, anche per telefono. Alcuni professionisti dell’antimafia si giustificheranno sostenendo che gli altri Paesi possono liberalizzare le telefonate perché non hanno detenuti mafiosi, ma questa è una bugia, perché le telefonate si possono registrare e ascoltare.
Molti Paesi del nord Europa trattano meglio i loro prigionieri perché si dicono che “Il detenuto di oggi sarà il mio vicino di casa domani” invece in Italia, nella maggioranza dei casi, la detenzione è molto più illegale e stupida del crimine che uno ha commesso. E spesso non serve a nulla. In molti casi serve solo a far incattivire e a far diventare più delinquente chi la subisce.
In carcere in Italia, il tuo reato sembra ti faccia perdere anche tutta la tua umanità. In fondo i prigionieri chiedono solo una vita più umana e un po’ d’amore. È già difficile essere dei buoni padri (e nonni) fuori, immaginatevi dentro, con solo poche ore all’anno di colloqui, che, oltretutto, se sei sbattuto in carceri lontani da casa non riesci neanche a fare. E allora ti tocca fare il padre (e il nonno) per telefono anche se rischi quattro anni di carcere, ma spesso i prigionieri si tengono in vita solo per amore.
Carmelo Musumeci
Sono uscito da regina coeli circa due mesi fa dopo più di tre anni di detenzione e mi trovo in totale accordo con quanto scritto soprattutto sull’ aspetto legato all’ amore al ruolo genitoriale e alla privazione dei contatti umani affettivi. Soprattutto in epoca covid in cui i colloqui visivi sono sospesi o si fanno con un separé stile 41 bis. Il contatto telefonico diventa virale. Va cmq detto per onore di verità che in questo periodo in molti istituti è possibile telefonare tutti i giorni,soprattutto in quelli con pochi detenuto. A Regina coeli erano concesse tre telefonate settimanali. Bastarda la galera