Così alla fine passa il tempo e di alcune cose proprio te ne dimentichi. Il prefetto Alessandro Pansa è stato nominato capo della polizia il 31 maggio scorso. In quei giorni ero a Francoforte a seguire le mobilitazioni contro la Bce della coalizione Blockupy Frankfurt. Le settimane si sono susseguite ed il tempo non l’ho mai trovato. A dire il vero ero saltato sulla sedia quando alcune settimane dopo la nomina del nuovo capo della polizia lessi, sull’edizione napoletana di La Repubblica, un editoriale del suo ex addetto stampa nella sezione lettere.
Una sorta di affresco del personaggio definito un ottimo mediatore con le parti sociali tanto da, scriveva l’autore, “far accettare la discarica ai manifestanti che protestavano a Chiaiano“. Quando lessi questo passaggio sobbalzai. Mi resi anche conto che la storia parla da sé smentendo categoricamente quest’affermazione di un collega che evidentemente voleva spendere le proprie cartucce rispetto ad un ex datore di lavoro divenuto “very important person”.
La sua nomina è arrivata dopo lunghissime settimane di fronteggiamento tra centro destra e centro sinistra. Tra i due contendenti, ovvero il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, sostenuto dal Ministro dell’Interno Alfano e dal centro destra ed il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli, sostenuto dal Pd e dal premier Enrico Letta, lui ha fatto il terzo che gode.
Alessandro Pansa è stato Prefetto di Napoli prima di volare a Roma al Viminale a dirigere il Dipartimento Affari Territoriali. Proprio a Napoli ha avuto un ruolo molto delicato nella gestione di un periodo molto infuocato.
Dal 2007 al 2010 fu Prefetto nella città dell’emergenza rifiuti, dove losche trame di potere si tessevano quotidianamente ed i conflitti di piazza erano all’ordine del giorno. Ricordo bene Pansa come un prefetto che a differenza dei suoi predecessori e soprattutto dei suoi successori, era molto attento al dialogo con le parti sociali.
Gli va riconosciuta quanto meno la disponibilità a ricevere le infinite espressioni di conflitto sociale che si sviluppavano in quegli anni a Napoli, dai disoccupati organizzati che cominciavano i primi passi nel progetto Bros fino ai comitati contro le discariche.
Una disponibilità che nulla aveva a che fare con la capacità di mediazione. Tutt’altro, Pansa era un custode degli interessi di quelli che erano i poteri forti di allora. Per farlo capire ai movimenti utilizzò l’arma della franchezza.
Era il giugno del 2008 quando mi recai insieme ad un altro compagno ed ai rappresentanti degli enti locali in una lunghissima riunione che si tenne in prefettura a Napoli sul destino della discarica di Chiaiano. C’era un lungo tavolo al centro della stanza. Da una parte sedevano Guido Bertolaso ed Alessandro Pansa, accompagnati da militari e tecnici.
Dall’altro i rappresentanti dei comuni e della municipalità. Dietro a questi ultimi, quasi in disparte c’eravamo noi. Fu un tavolo in cui il linguaggio del corpo diceva tutto. I primi si rivolgevano diretti ai secondi i quali dopo aver titubato qualche secondo si voltavano alle loro spalle per intuire in che modo dovevano rispondere alle sollecitazioni di quello che in quel momento era “Lo Stato”. Dopo qualche ora Pensa, accompagnato dall’allora capo della Digos di Napoli Antonio Sbordone, venne verso di noi.
Ci fece segno di seguirlo fino all’imbocco di un corridoio che sfociava nel salone dove facevamo la riunione. “Parliamo qui che lì ci stanno le telecamere” ci disse. Ed attaccò così il suo ragionamento : “Vedete voi dite che non si deve fare una discarica? E loro propongono di fare due inceneritori. Voi dite che non vanno bene nemmeno quelli ? E loro dicono che ce ne vogliono tre! Allora statemi a sentire…non c’è niente da fare arrendetevi“.
Un discorso abbastanza disarmante. Per la cronaca la discarica di Chiaiano aprì ma è stata l’ultima aperta in Campania così come l’inceneritore di Acerra che resta il solo realizzato dei tre programmati. Ci furono tanti altri incontri con Pansa tra il 2007 ed il 2010, sempre votati alla schiettezza, senza mai lasciare, sebbene con grande signorilità, spazio a possibili spiragli. Quella stagione gli costò tanto. Il ragionamento che fece in quel corridoio lontano dalle telecamere di sorveglianza doveva esserselo fatto anche nella sua testa. Fu l’inchiesta “Rompiballe” a rovinare la sua permanenza a Napoli. Due pm, Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello, si misero ad indagare sul sistema di smaltimento dei rifiuti nelle discariche campane. Pansa, da Prefetto, fu anche commissario straordinario all’emergenza rifiuti nel 2007. Fu lui ad individuare in un primo momento la discarica di Pianura come luogo dove portarci la monnezza di Napoli. Non ebbe grandi risultati. A lui subentrò Gianni De Gennaro a cui infine subentrò nel maggio del 2008 Bertolaso. La catena di comando prevedeva subito dopo il commissariato straordinario, la Prefettura come soggetto istituzionale di comando. Tra le accuse dei pm Noviello e Sirleo, c’é infatti quella di aver consentito in alcune occasioni che le balle di spazzatura – teoricamente rifiuti trattati e resi così idonei allo smaltimento in un termovalorizzatore – venissero aperte, e il contenuto inviato in discarica. Un disastro di cui ancora oggi paghiamo il conto. I due pm vennero osteggiati in maniera durissima dall’allora procuratore capo Giovandomenico Lepore. Il capo provò in tutti i modi a far desistere Noviello e Sirleo dal mettere sotto indagine il prefetto, a testimonianza di come quel patto tra poteri forti che tenne in scacco la Campania tra il 2007 ed il 2010 e che raccolse un’ondata di mobilitazioni e rabbia sociale ancora oggi ineguagliata, era trasversale a tutti i livelli istituzionali. Le intercettazioni ed il lavoro di indagine dei Noe dei Carabinieri parlavano chiaro, ma alla fine la posizione dell’allora prefetto fu archiviata. I due pm, gli stessi del processo Impregilo-Bassolino finito in una nuvola di prescrizioni poche settimane fa, decisero di lasciare Napoli dopo quell’incredibile tira e molla che vedeva impegnati in realtà, anche se in senso metaforico, la legalità contro la giustizia.
Quella resta comunque una vicenda mai chiarita da parte dell’attuale capo della Polizia così come i tanti buchi neri della sua esperienza napoletana di quegli anni. Pansa fu indagato anche nella inchiesta sulle bonifiche affidate dalla Regione Campania di Antonio Bassolino all’azienda romana Jacorossi nel 2009 e nel 2011, quando ormai era già a Roma, finì indagato insieme a 41 persone per la vicenda dello sversamento del percolato delle discariche campane in mare. Nella stessa inchiesta finirono anche alti dirigenti del Ministero dell’Ambiente e lo stesso Bertolaso
Questioni tutt’altro che chiarite pubblicamente.
Fa davvero impressione notare che tra i tanti “strilloni” che sono in parlamento in questa legislatura a nessuno sia venuto in mente di chiedere al nuovo capo della polizia di chiarire quelle vicende. Curioso che nessun “teorico del complotto” non abbia avuto da lamentarsi sulla nomina di Pansa, con il suo passato di inchieste sui danni ambientali. Ma già quando lasciò Napoli il prefetto si sentiva più tranquillo.
Lo incontrai di mattina presto in una giornata di primavera del 2011. Intorno alle sette del mattino mi recai a fare colazione in un bar su Corso Umberto proprio all’incrocio con Via Mezzocannone. Entrando notai le auto blu fuori e la scorta ferma vicino al bancone del barista. Ci riconoscemmo subito. “Prefetto come va? Si sta bene a Roma?” gli dissi.
Mi rispose sfoderando un gran sorriso “Ah si guardi è tutto un altro mondo!“.
Infatti…s’è visto…