A Napoli Poggioreale, dalle ore tredici fino all’aria del mattino successivo, non c’era possibilità di aprire la porta inferriata della cella, non c’era verso di varcarne la soglia. A quella ora iniziavano puntuali e interminabili gli attacchi di panico e angoscia, senso fisico di soffocamento che trascinavo sino a sera, solo con la chiusura del blindo delle ore 20 riuscivo a rilassarmi, a ricostruire una mia intimità come se fossi a casa. Ventidue ore al giorno chiuso in cella, il ritmo scandito dalla battitura delle sbarre (tre volte al giorno!) con manganelli metallici che producevano un rumore assordante ed insopportabile, impediva ogni rilassamento, mai una variazione sul tema, nessuna socialità tra le celle con gli altri detenuti, niente possibilità di lavoro o di svago, questo ritmo nel tempo diventa una sottile tortura che intorpidisce la mente ed i riflessi producendo danni tangibili a livello nervoso. E’ quanto accade in molti reparti speciali (EIV o 41 Bis). Alla prima battitura della mattina dovevi farti trovare in piedi accanto alla porta della cella o erano guai, al cospetto di un superiore dovevi porti sull’attenti e mai gesticolare parlando, o appoggiarti alla scrivania posta nell’ufficio del comando di sezione. Tutte regole arbitrarie, a Napoli neppure l’aria della riforma penitenziaria era arrivata. Tempo dopo ebbi anche modo di assaporare cosa sia la malavita, in relazione al comportamento della gran parte delle guardie. Alcuni si salvavano, come sempre non è giusto generalizzare, ma chi si comportava con correttezza doveva farlo con prudenza senza darlo a vedere ai colleghi, la maggioranza dei quali era mossa da un atteggiamento del tutto fuori da qualunque logica legalitaria. In altri istituti prevaleva un approccio più corretto e umano, improntato al dialogo e al rispetto della persona. Tra l’altro a Napoli pure l’ultimo dei secondini aveva letto un voluminoso fascicolo, dove erano riportati gli elementi d’accusa, ciò era totalmente abusivo, ed era un continuo tentativo di pressioni estorsive, battute da sbirri falliti. Cose pure ridicole. L’ottusità burocratica giungeva a livelli di perversione mentale, roba da rieducazione; molti agenti non davano l’idea di persone normali.Una domenica era di turno una squadretta di tre tra i peggiori, dichiaratamente squadristi, ricordo bene i loro sguardi aggressivi e indisponenti, per una sciocchezza uno di questi ebbe ad alzare la voce e tentai di chiarire la cosa, in modo pacato ma, haimé, fermo. Fui richiamato dall’aria, quel fetido cortile buio e grande come una stanza, sovrastato da muri altissimi, intonacati con una calce grigia e polverosa. Una griglia metallica arrugginita, appoggiata ad una grata orizzontale, faceva da soffitto a questo angusto cortile, in cima potevi solo intuire l’ampiezza del cielo. La cosa andò così: l’appuntato mi chiama a seguirlo, aprendo, minaccioso, il cancello rugginoso del cubicolo. Mi ritrovo in breve nel comando di reparto, un ufficio squallido con due scrivanie, non ci sono però solo i tre agenti di turno quel giorno, ma molti più: ne conto nove. Inizia ad offendermi con male parole, sei n’u bastardo, pezz’i merd, rosso bastardo eh? Sperando in una mia reazione. Mi limito a chiedere, perché mi offendete. Comincia allora a colpirmi con manate potenti sul dietro del collo, non faccio reazione, troppi cani pronti a saltarmi addosso, glielo leggo dagli sguardi feroci e divertiti. Gente che non aspetta altro. Seguono minuti di cazzotti, calci, sputi, fino a rotolare giù per le scale che conducono al cortile che contiene i cubicoli dell’aria. Gli ultimi colpi al basso costato posteriore provocano un forte dolore, laterale e interno. Sono riuscito a non toccarne alle giornate di Genova 2001, pensavo, gli stessi teppisti in divisa mi hanno atteso a Napoli? Aspettai il giorno seguente, sincerandomi che non fosse seguito qualche menzognero rapporto di tipo disciplinare. Al mattino, chiesi di parlare col comandante di reparto, pretesi di parlare a quattrocchi. Gli esposi, con dovizia di particolari e mostrandogli i segni, quanto era avvenuto. Il commissario, che non era un santo, non poté che darmi ragione. Mi disse: non siamo tutti uguali. Aggiungendo, subito dopo, volete fare denuncia? Non vorrei che i miei colleghi vi pigliassero per infame! Già i miei vicini detenuti mi avevano istruito sulla pericolosità di una eventuale denuncia formale, la mia situazione e la mia sicurezza fisica in quel carcere o nel corso di un eventuale trasferimento sarebbero state messe a dura prova. Risposi dunque che no, non era mia intenzione di sollevare un polverone, ma pretendevo la cosa non si ripetesse. A quel punto il commissario mi dette la mano: non succederà mai più! Così fu, da allora guadagnai, anzi, maggiore rispetto da parte di questa disprezzata truppa, il cui codice di comportamento era quello considerato tipico della malavita…. dato il dolore, tra il dietro del fegato e il rene, che si protraeva da due giorni, chiesi accertamenti a una specie di medico che ogni tanto era possibile vedere, in costante presenza di appuntati o brigadieri vari e dopo aver presentato almeno un giorno prima l’apposita domandina che in carcere serve per ogni minima banalità. Naturalmente, secondo una classica scusa, ero caduto dalle scale sbattendo nella ringhiera, come sempre non fu neppure abbozzata una parziale visita. Mi sono sempre chiesto se quel medico fosse veramente un medico o una comparsa, venne in ogni caso prescritta un’ecografia. Come consuetudine in caso di botte, questa fu eseguita presso il centro clinico …tredici giorni dopo, in modo che non vi fossero più tracce visibili di nulla. I miei compagni detenuti, scherzando per tirarmi su il morale, scommettevano chi per quindici, chi per undici giorni, sbagliarono solo di due. Il dolore nel frattempo era durato per una decina di giorni, fastidioso soprattutto nella posizione da sdraiato, ma alla fine era passato. Dopo quest’episodio cruento la situazione divenne più tranquilla per me, come se avessi superato una sorta di prova iniziatica….
Lettera firmata, inviata via mail
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Pultroppo non è l’unico carcere che usa questi metodi di solito sino a 7 8 anni fa i carceri punitivi tipo livorno cuneo ecc massima sicurezza gestivono il tuo arrivo se accompagnato da rapporti ,un’altro carcere ti mandava via per… chiamiamolo fastidio,fastidio racchiude anche il semplice rispondere all’ignorante di turno ,quella era la regola tra gli agenti che usavano farsi chiamare superiori,secondini era offensivo ,oggi ti riferisci a loro chiamandoli agenti e sostituisce il termine guardia …Comunque arrivavi in carceri simili a quelli con la nomina di punitivi restavi in osservazione della serie che ti tastavano il polso e se non ti inquadravi ti ritrovavi in isolamento gonfio senza poter fare colloqui e senza vedere i tuoi mcompagni.Ovviamente in tutti i carceri usava si chiamava la SQUADRETTA pronta a calmare i bollenti spiriti che avvolte non avevi ma a farteli venire erano giustamente questi personaggi che repressi depressi loro come guardie usavano stuzzicarti x creare il motivo ,potete immaginare che è facile stuzzicare chi li è costretto a starci e subire a partire dal semplice stai in piedi non superare la riga ,non fumare non parlare tutti ordini impartiti a una persona per….ti stappavano la posta una foto non data di sciocchezze avoglia.La realta di Poggio reale e vari altri dellla bassa era particolare e conosciuta da tutto il circuito carcerario.Gli altri più a modo diciamo del nord avevano le loro non crediate da meno,oggi si sono più calmate le cose agiscono molto sulla psicologia visto che alcuni accorgimenti li fanno lavorare sul fatto di allungarti il periodo come? denunciandoti in compenso picchiano meno.Per fortuna che non sono tutti così oggi vi sono personaggi più istruiti con un po più padronanza della dialetica anche se l’igniorante non manca mai e i soliti esaltati che inquadri e eviti.Senza andare a toccare i pestaggi gratuiti che subisci in questura quelli poi sono il fiore all’occhiello un po di tutti e anche lì il discorso è lungo devi sempre sperare di trovare personaggi che usano la bocca e poi viene da ridere quando arrivi in carcere e se sei segnato da botte o anche non x cause del genere sei visitato appena entri e devi vedere cosa dichiari immaginate voi ,si rifiuta il carcere di prenderti in carico se porti segni evidenti quindi spero di avervi chiarito l’idee ….Questo con i mafiosi ,niente nientehai la tv che …