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Torino:udienza preliminare contro gli studenti dell’Onda

Si è svolta ieri al Palagiustizia di Torino la prima udienza preliminare (dopo il rinvio per vizi procedurali del 24 febbraio) contro gli studenti dell’Onda arrestati in seguito al corteo nazionale di Torino del 19 maggio scorso, indetto dal movimento universitario contro il g8 University Summit. Con oggi non si possono più aver dubbi sulla natura meramente politica dell’intera operazione Rewind, volta a colpire un movimento che l’anno scorso ha tanto spaventato i poteri forti (siano essi politici, baronali o mediatici).
Pesantissime le pene richieste dal pm Sparagna anche per gli studenti che hanno scelto di difendersi con il rito abbreviato, pene che vanno dall’anno e 6 mesi all’anno e 10 mesi. Non potendosi basare su effettive prove a carico degli imputati, sono state mosse accuse per “concorso morale“, ovvero sono tutti colpevoli per il solo fatto di essere stati presenti al corteo (cosa, tra l’altro, che nessuno degli imputati ha mai negato). Nessuno degli elementi in mano all’accusa permetterebbe infatti una tale richiesta della pena.
Per un paio di loro, oggi dottorandi o ricercatori (precari), la colpa è stata anche quella di aver già partecipato ad una manifestazione come il G8 di Genova (più volte ricordato in aula), come se questa potesse essere una “colpa” da espiare in circostanze diverse e a distanza di anni! Ma, secondo il pm, anzi, sarebbe proprio una manifestazione come quella di Genova ad aver legittimato le cariche violente della polizia: “Si sa come è finita a Genova con l’estintore!”, parole che fanno davvero venire i brividi se si pensa a Carlo, alla sua famiglia, al loro dolore e al suo assassinio rimasto impunito.
Il tentativo dell’accusa è stato anche oggi quello di distinguere i buoni e i cattivi all’interno di un movimento che in quella stessa giornata ha dimostrato di essere più unito e determinato che mai, tornando insieme in corteo verso Palazzo Nuovo e assumendo con un’assemblea e un comunicato stampa nazionale tutto quanto era accaduto in quella giornata.
Gli avvocati della difesa, che hanno pronunciato oggi in aula le prime arringhe, e che parleranno nuovamente in occasione della seconda sessione dell’udienza preliminare, che si svolgerà il primo aprile, hanno insistito sul fatto che, a differenza di quanto sostenuto dall’accusa, i momenti di tensione venutisi a creare in seguito al tentativo, da parte degli studenti, di violare la “zona rossa”, non fossero premeditati e studiati a tavolino, ma fossero in realtà conseguenza di una pratica naturale e spontanea che aveva portato migliaia di persone, tutte insieme, a scendere in piazza in modo dirompente e determinato.
Lo “scudo-ariete” immaginato dal pm Sparagna non è nient’altro che lo striscione di apertura del corteo, i “cattivi” sono in realtà rappresentati dalle migliaia di studenti e studentesse scesi in piazza che hanno, in tutti questi mesi, continuato a ribadire che “dietro quello scudo c’eravamo tutti”.
Non sono dunque bastati tutti gli attestati di solidarietà, tutte le azioni di protesta in tutta Italia da parte delle varie articolazioni dell’Onda, le occupazioni dei Rettorati, i cortei, le conferenze stampa, le migliaia di firme raccolte nel mondo accademico italiano e non solo, la presenza il 24 febbraio di delegazioni da tutta Italia, a far ricredere il pm Sparagna e le sue deliranti accuse.
Oggi stesso, gli studenti e le studentesse di tutta Europa, ritrovatisi a Vienna per un controvertice in occasione delle celebrazioni per l’anniversario della dichiarazione di Bologna, hanno esposto l’ennesimo striscione di solidarietà e di assunzione delle giornate del maggio torinese, che recitava No rewind, Rewave! We were all behind that shield”.

In conclusione, anche di fronte a quanto oggi è stato palesato in aula dalla controparte, il processo Rewind – la sua sua valenza politica – per il movimento dell’Onda non potrà che continuare ad essere un campo di battaglia dentro il quale spendersi per decostruire un teorema Sparagna già mozzato dalle mobilitazioni diffuse di quest’estate (concretizzatosi con la liberazione dei compagni dalle carceri), contrapponendosi alle ultimi infime carte di una magistratura che spera (ma fallirà ancora!) di demolire la ricchezza e la potenza di quanto costruito nelle università (e non solo) fino ad ora. Che la storia non possa essere scritta dai tribunali è l’assunto dal quale partire, ribadendo e rivendicando quanto fatto a Torino, un percorso politico che non può e non sarà arrestato dal tintinnio delle manette e dal sinistro moralismo che aleggia da troppo tempo. Dietro quello scudo, oggi più che mai, c’eravamo veramente tutt*.

fonte: InfoAut