Dopo nove giorni in isolamento il reporter ha potuto fare ieri solo una breve telefonata sorvegliata
«Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato». La prima telefonata di Gabriele Del Grande, il giornalista italiano fermato in Turchia durante un controllo di polizia nella provincia sudorientale dell’Hatay al confine con la Siria e trattenuto in un centro di detenzione amministrativa da domenica 9 aprile fino a ieri senza possibilità di contatto con l’esterno è arrivata solo ieri. «Da stasera inizio lo sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti», ha annunciato chiamando la sua compagna e alcuni amici.
La telefonata è comunque stata concessa sotto stretta sorveglianza. «Sto parlando con quattro poliziotti che mi guardano e ascoltano», ha riferito infatti. «Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento. I miei documenti sono in regola ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo – ha aggiunto – La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta».
Gabriele Del Grande, 35 anni, è reporter e documentarista. Fondatore dell’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione «Fortress Europe», nel 2014, insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, ha realizzato il documentario «Io sto con la sposa» che racconta la vera storia di cinque profughi palestinesi e siriani, sbarcati a Lampedusa, che per arrivare in Svezia mettono in scena un finto matrimonio. Finanziato con il crowdfunding, il film è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia, sezione Orizzonti.
Sempre attraverso il crowdfunding stava realizzando un altro progetto, una serie di interviste ai profughi di guerra siriani per il libro «Un partigiano mi disse», descritto nella presentazione come un’opera «sulla guerra in Siria e la nascita dell’Isis raccontate attraverso l’epica della gente comune in un intreccio di geopolitica e storytelling».
Ieri dopo l’annuncio dell’inizio dello sciopero della fame di Del Grande il presidente della Commissione per i diritti umani Luigi Manconi ha incontrato a porte chiuse per un’ora l’ambasciatore turco a Roma, mantenendo il massimo riserbo sul contenuto del colloquio.
da il manifesto