Nella discussione al Senato sul decreto sicurezza, la cui approvazione definitiva presumibilmente avverrà appena riaperta l’attività Parlamentare dopo la pausa Natalizia e il voto della Legge di Bilancio, stanno emergendo ulteriori aspetti a dir poco preoccupanti dentro una critica generale al provvedimento in discussione ma in sostanza ricorrendo anche ad argomentazioni di stampo sicuritario.
di Federico Giusti
A molti è sfuggito l’articolo 31, che prevede il potenziamento dell’attività dei servizi informazione e sicurezza, introducendo l’obbligo, in capo a tutte le pubbliche amministrazioni, di prestare assistenza ai servizi di informazione e sicurezza, anche di carattere logistico, sulla base di convenzioni segrete sulle quali non sarà quindi possibile esercitare un adeguato controllo.
Il senatore VERINI del Pd, oltre ad alcune critiche condivisibili, afferma che: Il gruppo del Partito Democratico ha un’idea profondamente diversa della sicurezza, fondata in primo luogo sulla valorizzazione delle Forze dell’ordine e di Polizia, anche attraverso la dotazione di strumenti tecnologici avanzati in grado di combattere sempre più efficacemente la criminalità. Sotto questo profilo, la legge di bilancio per il 2025, appena presentata alla Camera, così come la legge di bilancio precedente, non prevede risorse sufficienti per sostenere questi fondamentali comparti
La senatrice MALPEZZI (PD-IDP) sottolinea l’impossibilità di garantire la sicurezza senza risorse e senza prevenzione. Bisognerebbe infatti iniziare dal potenziamento degli organici della polizia locale, in modo che gli agenti possano operare anche nelle ore serali, oppure da misure a favore delle forze di polizia, in particolare per il pagamento delle ore di lavoro straordinario. Nel disegno di legge in esame, invece, non sono previsti ulteriori stanziamenti, rendendo così difficile l’attuazione di strategie che comprendano, oltre alla repressione, anche la fase della prevenzione.
Ad onor del vero non mancano anche giudizi e riflessioni di stampo diametralmente opposto a logiche securitarie, ad esempio laddove la senatrice VALENTE del PD afferma: Si propone, pertanto, un modello autoritario, dove il Governo ricopre una posizione di comando, al fine di garantire più sicurezza, ma in realtà mostrando rigore solo nei confronti dei soggetti emarginati socialmente ed economicamente. Se, da un lato, si sopprime il reato di abuso di ufficio, infatti, dall’altro si prevedono, per esempio, la permanenza in carcere delle madri con bambini piccoli, l’autorizzazione per gli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza alcune tipologie di armi quando non sono in servizio, l’assimilazione della resistenza passiva alla violenza, l’irrigidimento delle misure nei confronti dei migranti trattenuti nei CPR, la revoca della cittadinanza persino dopo dieci anni.
Alcuni senatori della maggioranza puntano tutto sulla idea dello Stato forte, sulla edilizia penitenziaria (costruzione di nuovi carceri) e sulle assunzioni di personale della Polizia Penitenziaria senza riflettere sul fatto che molti dei reati dovrebbero essere espiati con misure alternative alla pena e non in carcere, in un’ottica di recupero sociale e di integrazione
Merita invece di essere riportato integralmente l’intervento del senatore RASTRELLI (FdI), nel rimarcare come il dibattito odierno si svolga all’indomani della vittoria dei repubblicani nelle elezioni presenziali statunitensi, ritiene che l’attuale momento storico individui una nuova definizione del rapporto tra governanti e comunità nazionali ed una diversa declinazione di quello tra autorità e cittadini. Nell’ambito di questo rinnovato paradigma, la sicurezza rappresenta un tema delicatissimo su cui, legittimamente, le diverse forze politiche possono rappresentare posizioni differenti; sottolinea tuttavia come si sarebbe aspettato che nel dibattito le disposizioni del disegno di legge potessero essere affrontate in punto di merito e non di generica filosofia del diritto. Il Governo ha infatti offerto ad un confronto parlamentare pieno un disegno di legge, e non un provvedimento d’urgenza da convertire nei termini previsti dall’articolo 77 della Costituzione come invece accaduto in altre occasioni. La logica che presiede a questo provvedimento è infatti quella di chiudere – legittimamente – una stagione di lassismo e inconcludenza, in primo luogo attraverso l’introduzione di un sistema coerente di disposizioni di pubblica sicurezza con un focus particolare sulla tutela del personale di servizio che rappresenta il primo presidio dell’autorità e dell’autorevolezza dello Stato. In quest’ottica, il disegno di legge è indirizzato a colmare dei vuoti di tutela che la maggioranza ha ritenuto di affrontare attraverso la valorizzazione di politiche di rigore, che non significano certo l’introduzione di uno stato di polizia. Le scelte di politica legislativa del Governo e della maggioranza, infatti, non hanno una matrice meramente securitaria ma sono invece sintomatiche di una nuova attenzione alla pubblica sicurezza accompagnata da investimenti importanti: si pensi allo stanziamento di cinque miliardi per i contratti di questo comparto. Dalle opposizioni si sarebbe aspettato un confronto nel merito ed anzi un plauso, con particolar e riguardo alle norme dirette a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata come quelle degli articoli 1 e 2 che puniscono le condotte propedeutiche a tali delitti. Del pari, ritiene che i temi della sicurezza urbana e della tutela del personale delle forze di polizia – personale sempre esposto in prima linea e che è stato invece abbandonato dai precedenti Governi – avrebbero potuto rappresentare temi di condivisione da parte di tutte le forze politiche. Le critiche delle opposizioni circa il sistema carcerario non trovano corrispondenza nelle norme del disegno di legge che invece rafforza la sicurezza negli istituti penitenziari attraverso la tutela del personale della polizia penitenziaria che, nei casi delle sempre più frequenti rivolte nelle carceri, è quello colpito più duramente. La priorità della maggioranza è infatti la tutela delle vittime, come dimostrato dalle numerose disposizioni in favore di quelle della criminalità organizzata. Il dibattito, invece si è spostato dal piano del merito a quello meramente ideologico: il senatore De Cristofaro, con coraggio e chiarezza, ha definito il provvedimento come rappresentativo di uno Stato etico e di polizia. Tale lettura tuttavia, impedisce il confronto sul merito di un provvedimento che reca disposizioni puntuali e chirurgiche nella logica di colmare vuoti di tutela.
Ricorda infatti che l’obiettivo della salvaguardia dello Stato democratico passa, in primo luogo, attraverso il dovere di ciascuno di presiedere al rispetto delle regole di quello stesso Stato democratico. È per questo che viene riaffermata la punizione di ogni forma di violenza contro il personale in uniforme; analogamente, è assolutamente corretto e necessario ribadire le sanzioni per chi distrugge o deteriora i beni delle forze dell’ordine, così come rafforzare i presidi di polizia sul territorio. La logica del provvedimento non è certo quella – pur evocata dalle opposizioni che hanno persino ritenuto il disegno di legge un corollario della riforma costituzionale sul premierato – della repressione ma quella invece della tutela delle vittime come pure è evidente nell’articolo 10 che introduce non solo il reato di occupazione arbitraria di immobile ma che prevede anche un procedimento veloce per proteggere efficacemente i cittadini lesi nei propri diritti fondamentali. Non vedere come questo provvedimento Senato della Repubblica Pag. 53 DDL S. 1236 – Senato della Repubblica XIX Legislatura 1.3.2.1.11. 1ª (Affari Costituzionali) e 2ª (Giustizia) – Seduta n. 26 (ant.) del 06/11/2024 individui forme puntali di garanzia della sicurezza dei cittadini, ed anzi agitare lo spettro di uno Stato di polizia come fanno le opposizioni, significa non avere alcun contatto con la realtà.
Alcuni parlamentari del centro sinistra criticano il decreto come arretramento del codice Rocco la cui difesa di ufficio ci ricorda come il codice penale fascista, ancora oggi vigente, alla fine rappresentai una sorta di compromesso politico che ha impedito tuttavia un reale dibattito nel paese sulle logiche securitarie, sulle leggi emergenziali adottate nel corso degli anni.
La nostra lettura si è fermata a un quinto delle corpose trascrizioni del dibattito parlamentare a cui rinviamo per ulteriori deduzioni
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