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Per un movimento antipenale, se non ora, quando?

Con l’intervento di Giovanni Russo Spena inizia sulle pagine dell’Osservatorio Repressione il dibattito per la costruzione di un movimento antipenale

Con le leggi Salvini siamo ,dopo il lungo tragitto repressivo che ha visto nelle leggi Minniti / Orlando un tramite gravissimo, un precedente esiziale, al culmine del sovranismo  autoritario e plebiscitario.

I profili di incostituzionalità sono evidenti ( e Mattarella mi è sembrato troppo assente, mentre venivano vilipesi articoli fondamentali della Costituzione. il provvedimento sembra diviso in due parti, uno riguardante i migranti, l’altro il cosiddetto ” fronte interno”. Ma ritengo che le due parti siano complementari, fondate sulla subcultura che la sicurezza sociale non sia un diritto costituzionale, un presidio di democrazia, ma sicuritarismo giustizialista e fascista. Mi limito a ricordare alcuni punti che riguardano noi, attivisti sociali, anticapitalisti, comunisti. Il ” via libera” alle armi ad impulsi elettrici , in dotazione perfino alle polizie municipali dei capoluoghi di provincia. L’estensione della possibilità di applicazione del ” daspo urbano” nei presidi sanitari  e in aree destinate a fiere, mercati, spettacoli pubblici , Siamo giunti alla lotta ai poveri, non alla povertà.

Ad una forma di ” disumanizzazione” della politica istituzionale.. Le sanzioni per il blocco stradale ( che era stato depenalizzato dal governo Prodi)arrivano, in misura abnorme, arrivano a dodici anni. Chi promuove o organizza l’occupazione di immobili può subire sanzione fino a cinque anni di carcere. Gli inquirenti ( siamo all’incredibile)possono estendere l’uso delle intercettazioni nelle indagini su chi è sospettato del reato di invasione di terreni o edifici. Qui è di noi che si parla, della repressione preventiva del conflitto, della rivolta, della ribellione.

L’opposizione è fuorilegge. Sono gli elementi fondanti dello ” stato di polizia”, di una mutazione antropologica nel rapporto tra governo/parlamento/dinamiche sociali. Rafforzata dall’attacco frontale e dallo svuotamento quotidiano della democrazia costituzionale, come anche l’Anpi ha denunziato.

Siamo entrati, come paese, nel gruppo parafascista di Visegrad. Si distruggono i diritti sociali generati dalla fase delle lotte socialdemocratiche, dalla aspra dialettica tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa; nonché i diritti civili che sono stati l’altra gamba  essenziale della democrazia costituzionale italiana, come ci ricorda il movimento ” non una di meno” che è certamente oggi settore di avanguardia della resistenza e della controffensiva. Temo che siamo all’interno di una fase che Gramsci avrebbe definito di “rivoluzione passiva”, di formazione progressiva e veloce di un ” regime reazionario di massa”. Il nostro problema, nella lotta contro Minniti, Salvini, Di Maio, è l’affrontare , lo scalfire, il consenso di massa che le porcherie disumanizzanti hanno.

Non è questo il luogo di una analisi del perché si sia giunti a questo punto, ricercando le cause oggettive ( in Italia e in Europa) dei processi di crisi ed impoverimento dei ceti medi ( che hanno permesso la torsione del conflitto contro l’austerità in odio e rancore all’ interno della formazione sociale ) ma anche le gravissime responsabilità soggettive, politiche della bancarotta delle liberaldemocrazie e delle evidenti insufficienze ed impotenze delle sinistre anticapitalista.

Ma dobbiamo sapere che da qui ripartiamo, che stiamo raschiando il fondo del barile. La politica è sostituita dal panpenalismo. L’affievolimento dello stato sociale è sostituito dallo Stato Penale Globale. Il territorio si fa carcere  ed il carcere inonda il territorio. E’ tempo di ricostruire movimenti unitari e plurali, abbandonando vecchi risentimenti che appaiono grotteschi di fronte alla repressione che colpisce tutti gli attivisti in maniera indistinta.

La proposta dell’ Osservatorio Repressione di dare vita a Comitati plurali, formato da organizzazioni politiche, sociali, comuni, associazioni, intellettualità è la migliore.

Impariamo di nuovo a lavorare insieme, avendo a mente che, in una fase di crisi dei processi di valorizzazione del capitale, la violenza militare diventa per il capitale sopravvivenza per prevenire rivolte, ribellioni, scontri sindacali di base, tentativi di autorganizzazione ed autogestione.

Il capitale pretende, oggi, meno politica e più comando militare. Ripresa della lotta sociale e difesa degli spazi democratici  sono, più che mai , complementari. La lotta per le libertà è indivisibile. Se accetteremo che le nostre sorelle e fratelli migranti siano repressi dall’urlo fascista ” prima gli Italiani”, la repressione colpirà , insieme, anche noi.

Nessuno si salverà da solo. O sapremo lottare per una società meticcia o rischiamo di vivere, nei prossimi anni, dentro una fase populista autoritaria, simile al primo” mussolinismo”, in cui saremo costretti alla disperazione, ad una resistenza meramente simbolica, del tutto marginale e testimoniale. Che non intaccherà il sistema.

Formiamo, allora, subito, dopo l’importante assemblea del Palazzo occupato a Roma , comitati anche territoriali (oltre quello nazionale) che siano presidi democratici nei territori. Se non ora, quando?

Giovanni Russo Spena