Nella forma attuale il pacchetto sicurezza che il governo si prepara ad approvare è inaccettabile. Non solo, infatti, non configura una politica della sicurezza innovativa, come è lecito aspettarsi da un governo di centrosinistra, ma registra invece dei drastici passi indietro rispetto al livello di civiltà giuridica raggiunto dal nostro paese, al punto di autorizzare il dubbio di anticostituzionalità. E questo, a mio parere, senza neppure riuscire ad affrontare seriamente, con efficacia invece propagandisticamente il nodo della sicurezza. Nel ddl, in realtà, ci sono anche alcuni (pochi) elementi positivi. E’ un bene, prima di tutto, che si tratti appunto di un disegno di legge e non di un decreto, come chiedevano le destre. Vi sarà, così, possibilità di un serio confronto in Parlamento. E’ positiva, inoltre, la previsione di una accelerazione delle procedure concernenti la confisca dei beni mafiosi e la loro consegna agli enti pubblici per una nuova destinazione sociale. Si interviene, finalmente, come Don Ciotti e “Libera” hanno sempre chiesto, su una legge importantissima che Berlusconi aveva depotenziato gravemente. Giusta è anche l’equiparazione dei familiari delle vittime della mafia a quelli delle vittime del terrorismo (anche questa è sempre stata una richiesta delle associazioni antimafia), ed è infine del tutto apprezzabile il rafforzamento degli uffici giudiziari, soprattutto nel Sud. Ma qui finiscono gli esili dati positivi. Per il resto la legge non presenta aspetti condivisbili, e alcune norme, se confermeranno quanto sinora annunziato sono anzi inaudita gravità. L’ipotesi di estendere l’obbligo di custodia cautelare ai reati considerati “di massimo allarme sociale”, indipendentemente dalla gravità oggettiva del reato in questione, si configura a mio parere come una plateale violazione dell’art. 13 della Costituzione. Anche per reati in sé minori come ad esempio lo scippo, in nome dell’ “massimo allarme sociale”, non sarebbe più prevista alcuna sospensione della pena in attesa di giudizio. E’ il caso di segnalare che una misura simile va ben oltre la stessa richiesta di “certezza della pena”, formula che anche nella sua formula più restrittiva non significa affatto rendere obbligatorie le misure cautelari oltre i casi previsti tassativamente dall’ordinamento.. E’, in secondo luogo, un incivile stravolgimento delle regole il cosiddetto “provvedimento anti-Rom”; in base al quale i prefetti potranno aver mano libera nell’espellere anche i cittadini comunitari. Senza nessun controllo né provvedimento giurisdizionale; e, si badi, non solo per sospetto di terrorismo, ma anche per motivi di “ordine e sicurezza pubblica”. Una formula, come si vede, che rende la discrezionalità prefettizia massima, i controlli minimi, le garanzie per i soggetti inesistenti.
E’ infine grave il provvedimento che riguarda l’estensione dei poteri dei sindaci. Il comma 3 dell’articolo 54 del testo unico degli enti locali parla soltanto di poteri di intervento per “gravi pericoli che minacciano l’incolumità”. Ora si introduce il principio di “sicurezza urbana dei cittadini e di gravi pericoli che recano pregiudizio al decoro urbano”. Con queste modifiche si ampliano a dismisura i poteri dei sindaci sul terreno proprio delle forze dell’ordine. Per chi disegna sui muri è prevista la procedibilità d’ufficio per i reati di danneggiamento. Avete letto bene: per i ragazzi che disegnano sui muri è prevista la “procedibilità d’ufficio”. Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo. Aldilà dei suoi specifici, e già di per sé pericolosissimi, contenuti è l’identità di fondo del proveddimento a essere pessima e assai inquietante. Si tratta infatti della metafora di una lotta alla povertà che diventa subito, per tanta parte del centrosinistra, lotta contro i poveri. Come ha segnalato Marco Revelli siamo di fronte ad una vera e propria “pedagogia del disumano”. Sarà contento Beppe Grillo, che nei Rom vede “una bomba a tempo; va disinnescata”.Per opporsi alla deriva di cui questo provvedimento è frutto e insieme sintomo, credo che ci si debba misurare con un dato di fondo: non si può continuare a legiferare sotto il peso dell’emergenza, in una sosta di “stato di eccezione permanente” come capita da tempo immemorabile e ora di nuovo, con i lavavetri e i Rom nella parte del nemico emergenziale di turno. L’esigenza di sicurezza è sacrosanta, ma va assicurata entro le regole dello stato di diritto e del sistema delle garanzie. Altrimenti diventa sicuritarismo, “caccia al diverso”, creazione del “nemico”, una pratica iniqua e oltretutto inefficace.La sicurezza, infatti, passa per la costruzione di presidi democratici sul territorio e per l’ incentivazione degli elementi di socializzazione, non per l’autoritarismo xenofobo e per il razzismo istituzionale.La più grande sciocchezza ripetuta in questi giorni è che la “sicurezza non è né di destra né di sinistra”. Il modo in cui si combatte l’insicurezza sociale è, al contrario, il grande discrimine tra destra e sinistra dentro e contro la globalizzazione liberista.
Giovanni Russo Spena – capogruppo Prc-Se al Senato
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