Meglio conosciuta come la Zona Autonoma di Capitol Hill (CHAZ), il quartiere è fiorito da quando la polizia ha lasciato l’area ai manifestanti la scorsa settimana.
Dopo otto giorni di continui scontri con i manifestanti, gli agenti di polizia del distretto est di Seattle hanno evacuato l’edificio lunedì 8 giugno, distruggendo documenti e lasciando l’edificio vuoto.
Inizialmente tra i manifestanti vi sono stati dubbi sul perché la polizia fosse andata via e gli organizzatori sospettavano che avrebbe potuto trattarsi di una trappola.
“Sembra che ciò che il dipartimento di polizia di Seattle volesse fare fosse lasciare la stazione di polizia e attendere nelle immediate vicinanze, a pochi isolati di distanza, che qualcuno provasse ad appiccare un incendio nell’edificio e ripetere ciò che stava accadendo a Minneapolis”, ha detto Carla a Vox, una manifestante identificata da uno pseudonimo per proteggere la sua privacy. “In questo modo avrebbero potuto immediatamente giustificare l´uso della forza militare contro civili disarmati”.
Ma non è quello che è successo. Al contrario, i manifestanti hanno iniziato a organizzare un quartiere pacifico – e sicuro – senza polizia. E gli sbirri non si sono curati di tornare in caserma.
La Zona Autonoma di Capitol Hill, o CHAZ, come è stata chiamata fin dall´inizio, è nata come un meme, ha affermato Carla. “Ero lì la mattina dopo aver lasciato il Distretto Orientale, e CHAZ era solo uno scherzo che la gente condivideva: ‘Oh, questa è un’area autonoma’”, ha detto a Vox, riferendosi a un’area libera dalle strutture e dal controllo del governo locale.
Ma l’idea è presto decollata tra i manifestanti. I funzionari pubblici comunali si sono presentati, il giorno dopo che la polizia aveva lasciato la caserma, per rimuovere le barricate che la stessa polizia aveva messo per controllare le proteste, ma i manifestanti hanno convinto i lavoratori a consentire loro di utilizzarle come barriere per mantenere il traffico cittadino fuori dalla zona. I manifestanti hanno finito per recintare un’area di circa sei isolati nel centro di Seattle, nel quartiere di Capitol Hill.
“Questo è il nucleo urbano della città”, ha detto a Vox Kshama Sawant, consigliere comunale di Seattle, il cui distretto fa parte dell’area di protesta. “È densamente popolato e ha una lunga storia, incluso l’attivismo per i diritti LGBT negli anni ’80.”
Da allora, CHAZ si è evoluto in un centro di proteste pacifiche, libertà di espressione politica, cooperative e orti comunitari. I manifestanti hanno invitato la popolazione dei senzatetto della città, che era stata sottoposta alla “pulizia” di massa dalle tendopoli sparse sul territorio urbano, a rimanere accampata nel quartiere. Vi si svolgono serate di cinema, incluso il film Mississippi Burning, che racconta di due agenti dell’FBI che indagavano sul linciaggio di neri e attivisti nel Mississippi durante l’era dei diritti civili.
“Abbiamo improvvisato una partita a palla avvelenata”, ha detto Carla. “Ci sono persone che fumano erba in cerchio… e conversano normalmente, e a 6 metri di distanza, puoi incontrare un folto gruppo di persone intorno a qualcuno con un megafono che parla di marxismo”.
La zona autonoma, dove incontri centinaia di persone al giorno, è praticamente senza capi, con le decisioni spesso prese per mezzo del voto. Ma i volontari sono sparpagliati ovunque, fanno di tutto, dalla distribuzione del cibo alla pulizia della spazzatura nell´area. L’atmosfera del posto è molto rilassata.
“È davvero difficile definire questo posto”, ha detto. “Questo è un posto che è costruito e gestito da persone emarginate e sono le loro voci che guidano il processo”.
Tuttavia, i media di destra hanno dipinto il CHAZ come una sorta di zona di guerra, raffigurando il piccolo quartiere come se si stesse separando a forza dagli Stati Uniti. Mentre gli organizzatori di proteste nella zona sono comprensibilmente riluttanti a parlare con i giornalisti – diversi leader della protesta non hanno risposto alle richieste di interviste da parte della Vox – non ci sono prove di violenza secondo i seguitori della TV di destra Fox News.
Sono state proposte alcune mete della protesta. Gli organizzatori hanno compilato un ampio elenco di richieste in un post su Medium.com del 9 giugno, suddiviso in quattro categorie: sistema giudiziario, servizi sanitari e umani, economia e istruzione. Le richieste includono il ritiro dei finanziamenti al dipartimento di polizia di Seattle, la fine del “gasdotto scuola-carcere” [un’espressione usata per mostrare la relazione sproporzionata di giovani svantaggiati che lasciano la scuola per il carcere a causa delle politiche autoritarie della scuola e del municipio] e l´inversione del processo di gentrificazione di Seattle, tra le molte altre richieste.
( https://medium.com/@seattleblmanon3/the-demands-of-the-collective-black-voices-at-free-capitol-hill-to-the-government-of-seattle-ddaee51d3e47 )
Nove giorni dopo la creazione della zona autonoma, anche il suo nome si è evoluto, ed è ora noto come Capitol Hill Organized Protest o CHOP. Ma indipendentemente da come si chiama, la serie di eventi che hanno creato la zona autonoma è stata una straordinaria dimostrazione dell’organizzazione dei manifestanti – e dell’incompetenza della polizia.
Le proteste che hanno dato origine al CHOP
Causate dalla morte di George Floyd per mano della polizia a Minneapolis, le proteste di massa sono scoppiate in tutto il paese nelle ultime settimane e Seattle ha visto svilupparsi alcune delle manifestazioni più intense.
“Ci sono state diverse proteste in tutta la città ogni giorno”, ha detto Sawant a Vox. “Uno dei principali campi di battaglia è avvenuto all’incrocio tra l’11 strada e la via Pine, a Capitol Hill.”
Secondo Sawant, che era presente nella protesta al Campidoglio nella notte del 7 giugno (quella che durante la settimana ha subito la più intensa repressione della polizia), è stata la propria polizia per prima ad assumere un attegiamento violento contro i manifestanti pacifici nella regione.
“A un certo punto, stavo partecipando ad una conversazione politica con un gruppo di giovani su come affrontare la violenza della polizia e il razzismo e su come il capitalismo stesso si collega a questo”, ha detto. “E in quel frangente ho sentito lo spray al peperoncino nei miei occhi. Pochi istanti dopo, sono state lanciate bombe a gas lacrimogeno e siamo stati circondati da varie esplosioni improvvise. La mattina dopo, sul posto, qualcuno ne ha contate centinaia”.
La violenza delle azioni di polizia contro manifestanti pacifici ha provocato ondate traumatizzanti in tutta la città progressista. Durante la settimana, sono aumentate le richieste di dimissioni della sindaca di Seattle Jenny Durkan.
“Quest´uso della violenza è responsabilità dell’establishment democratico e della sindaca Durkan”, ha detto Sawant. “Ci sono state richieste di dimissioni della Durkan perché le persone erano inorridite dalla violenza messa in atto. La gente non riusciva a credere che fosse possibile che ciò stesse succedendo a Seattle nel 2020”.
Il giorno dopo la protesta, la polizia ha lasciato l’edificio della caserma e anche adesso, più di una settimana dopo, nessuno sa chi l’abbia ordinato. Né la Durkan né il capo della polizia Carmen Best se ne sono presi la responsabilità. “Ci è stato chiesto di elaborare un piano operativo nel caso in cui avessimo dovuto lasciare la caserma”, ha dichiarato il capo della polizia Best in una conferenza stampa giovedì 11/06. “La decisione è stata presa. Stiamo ancora valutando come si è verificata questa situazione, ma l´ordine non è venuto da me”.
Tuttavia, la Best ha smentito che la caserma sia stata abbandonata. “Non abbiamo lasciato la stazione di polizia, ma abbiamo solo dovuto rimuovere il personale per un breve periodo di tempo”, ha detto la Best a Good Morning America venerdì 12/06.
Secondo i rapporti raccolti nelle reti sociali, sebbene la polizia non si sia ancora mossa direttamente contro i manifestanti, negli ultimi giorni è stata vista dentro e intorno all’edificio della stazione di polizia.
La destra in panico per la zona di protesta autonoma
I primi resoconti dei media sulla zona autonoma, in particolare su Fox News e su tutti i media conservatori, descrivevano la zona autonoma come una sorta di minaccia anarchica alla società. Una nota trasmissione in diretta da Fox News includeva una didascalia che indicava che la rete TV stesse attuando sulla frontiera USA-CHAZ, come se la zona autonoma non facesse più parte degli Stati Uniti.
Inoltre, diversi organi di informazione di destra hanno riferito che uomini d’affari locali erano stati contattati da anarchici armati che chiedevano pagamenti di protezione simili a una banda. Da subito questa notizia è stata smentita dagli stessi imprenditori, che hanno dichiarato che era falso e che le aziende locali invece stavano aumentando le vendite, essenziali dopo essere state colpite dalla pandemia di coronavirus, a causa della presenza di molta gente in visita anche da altri quartieri.
Quindi, il 12 giugno, la Fox News è stata flagrata dal Seattle Times per aver inserito col Photoshop l’immagine di un uomo armato e con una maschera verde in mezzo a immagini di manifestanti nella zona.
Ma i servizi giornalistici iniziali sono stati sufficienti per attirare l’attenzione del presidente Donald Trump. L’11 giugno, Trump ha twittato messaggi diretti al governatore dello Stato di Washington Jay Inslee e alla sindaca di Seattle Durkan affinché “riprendessero” la città con la forza, prima che lui fosse stato costretto a intervenire.
Le persone presenti all´interno della zona autonoma si sono incoraggiate a vicenda a non credere ai resoconti dei media o alle voci su ciò che stava accadendo nell´area, a meno che non lo stessero appurando con i propri occhi.
“È come uno scherzo al telefono”, ha detto Carla. “Mi sono abituata a dire alla gente che, se non conosci la persona con cui stai parlando e se non hai il contesto completo di un video clip o audio clip, ti puoi rendere conto di come si tratti solo di disinformazione deliberata. E quindi è necessario chiedersi chi ha da guadagnare da questo tipo di disinformazione”.
La vita dentro il CHOP
Uno dei motivi di tutta la confusione causata nei media conservatori è che zone autonome come questa non si verificano così spesso. Come il CHOP, c´è il Camp Maroon, a Filadelfia, che è una zona autonoma recentemente creata dai senzatetto, con un proprio elenco di rivendicazioni rivolte ai politici cittadini e statali.
Nonostante si verifichino racconti imprecisi dei fatti, ciò non significa che non vi siano discordanze nel CHOP. Secondo Carla, il cambio di nome (da CHAZ a CHOP) e la conseguente confusione sono derivate da una lotta interna tra due gruppi di manifestanti con diverse visioni dell’area. Per giorni si è svolta una lotta di potere tra gli organizzatori che percepivano la zona autonoma come una protesta pacifica e organizzata contro la violenza della polizia e un altro gruppo che pretendeva che il CHOP diventasse più uno spazio anarchico nel quale le persone emarginate avrebbero potuto ottenere aiuto quando necessario.
Sebbene la protesta abbia alcuni leaders informali, ci sono anche alcune strutture formali. Sawant confronta lo spazio con “La notte delle 500 tende” durante il movimento Occupy Wall Street a Seattle nell’ottobre 2011, di cui lui aveva fatto parte. A quel tempo, i manifestanti di Occupy sono riusciti ad espellere la polizia dal loro spazio, ma in seguito la polizia è tornata e ha sgomberato la zona in cui avevano avuto luogo le proteste.
Ora, ha detto Sawant, il CHOP sta sopravvivendo più a lungo di quanto sia sopravvissuto Occupy, che era durato solo tre giorni. Ma ha espresso la preoccupazione che la polizia possa sgomberare la zona in breve. “Non credo che possiamo in alcun modo supporre che la polizia non tornerà e non attaccherà specificamente questo spazio”, ha detto. “Penso che dovremmo presumere che ciò possa accadere in qualsiasi momento, perché è esattamente quello che è successo a Occupy”.
Nel frattempo, i manifestanti sono riusciti a creare uno spazio libero dalla polizia, in cui i neri, gli indigeni, le persone di colore, i queer e i senzatetto si sentono particolarmente al sicuro. Lo spazio è persino diventato un’attrazione turistica per famiglie bianche e progressiste benestanti.
“Parlando con i miei amici e con le persone del posto, continuo a sentir dire dalla gente che non si erano mai sentiti così sicuri passeggiando per la città”, ha detto Carla, osservando che la precedente architettura anti-senza-tetto e la cupa atmosfera corporativa del quartiere, in gran parte ha lasciato il posto a graffiti e volti amichevoli. “La consapevolezza che la polizia non è presente ha sviluppato la sensazione che questo sia uno spazio che appartiene a tutti”.
Sawant dà una spiegazione più complessa. “Siamo interessati ad avere quartieri sicuri, ma ciò che rende i quartieri non sicuri non è l’assenza di polizia”, ha detto. “Ciò che rende i quartieri e i loro abitanti insicuri e ciò che crea le condizioni per lo sviluppo della criminalità sono, principalmente, la disuguaglianza economica e l´ingiustizia”.
Da parte sua, Sawant sta curando la presentazione di diverse proposte concrete al Consiglio Comunale per soddisfare le richieste dei manifestanti, tra cui la trasformazione dell’edificio della stazione di polizia in un centro comunitario, i tagli al bilancio della polizia cittadina e il divieto permanente di utilizzare le cosiddette armi non letali contro i manifestanti.
Carla e Sawant sperano che lo spazio persista nel futuro come luogo di protesta e organizzazione politica. Ma Sawant osserva anche che il risultato comunque è stato quello di dimostrare, in primo luogo, al mondo che rispetto a questo tipo di manifestazioni di protesta non ci sia necessità di rispondere con una dura repressione.
“Solo pochi giorni fa, questo stesso spazio a Capitol Hill era una scena di guerra, con la polizia che infliggeva il 100% della forza violenta e della brutalità contro i manifestanti pacifici”, ha detto Sawant. “Da quando i giovani partecipanti sono riusciti a ottenere questa vittoria politica sul campo di battaglia, hanno avuto modo di dimostrare che possono creare uno spazio accogliente, pacifico e multirazziale”.
Katelyn Burns
da vox.com