Sono passati 25 anni dal rogo nel “Centro di permanenza temporanea” (CPT) Serraino Vulpitta di Trapani, in cui persero la vita sei persone detenute in attesa di espulsione. Già allora le condizioni di vita nei centri di detenzione amministrativa aperti in Italia dopo la legge Turco-Napolitano del 1998 erano disumane, e prima di quel rogo a nulla erano valse le denunce sugli abusi sistematici commessi all’interno di una struttura che al momento della sua apertura qualcuno aveva definito come un “hotel a cinque stelle”. Come si continuano a definire i centri di accoglienza/detenzione aperti in Albania. Le modalità di trattenimento rimangono ancora oggi al di fuori di qualsiasi previsione di legge, affidate soltanto alla discrezionalità delle forze di polizia ed ai regolamenti interni stabiliti dal Viminale. Ripubblichiamo qui un dossier sul centro di detenzione “Serraino Vulpitta” di Trapani ricordando il valoroso impegno dei volontari che lo hanno redatto,Valeria Bertolino e Sergio Serraino, e tutte quelle persone che sono state vittime di un sistema detentivo che nel tempo non è mutato, chi pagando con la vita, altri con ferite nel corpo e nell’animo che non si potevano più rimarginare. Anche allora i governi negavano l’evidenza, l’inutilità della detenzione amministrativa per garantire effettività alle espulsioni, e la disumanizzazione che si infliggeva a chi finiva rinchiuso in strutture che già allora si caratterizzavano per la totale privazione della libertà personale, al di fuori delle garanzie dei diritti fondamentali previste anche dalla nostra Costituzione, e per il diffuso ricorso a trattamenti farmacologici forzati, come ancora oggi si denuncia nel più recente rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa. che ha potuto visitare solo alcuni centri per i rimpatri (CPR) aperti in Italia (vedi sotto) (Fulvio Vassallo Paleologo)
di Valeria Bertolino e Sergio Serraino da Adif
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Riceviamo da Sergio Serraino, operatore sociale
Buongiorno,
ho letto in questi giorni vari articoli sul report del TAI sui CPR. Ieri è uscito invece il report del comitato contro la tortura del consiglio europeo. Ormai ne esce quasi uno al mese di report/inchieste sui centri di detenzione amministrativa italiani, per fortuna.
In allegato trovate due edizioni , del 2002 e 2003, del libro bianco sull’allora CPT di Trapani, dove denunciavamo l’orrore di questi centri, e già allora la questione della “terapia” (trovate riferimenti a pag. 23, 39 nell’introduzione al secondo libro bianco, 40 43, 45), e della violenza insita in questi centri. Sono le storie della detenzione delle persone che incontravamo ogni settimana nel centro, all’interno del quale entravamo come realtà indipendente, il Coordinamento per la pace di Trapani, con autorizzazione ottenuta in seguito alla strage del 29 dicembre del 1999 e al processo che allora era in corso.
Vent’anni fa denunciavo le stesse identiche cose. “Addirittura lager” ci dicevano… quindi immaginate la soddisfazione, ma al contempo la rabbia, che proviamo ogni volta che viene pubblicato un report o una inchiesta su questi centri. E non dimentichiamo mai che sono stati istituiti con la legge Turco-Napolitano, chiamati allora con un eufemismo “centri di permanenza temporanea ed assistenza” , goffo stratagemma semantico che lasciava trapelare cattiva coscienza o imbarazzo politico, come scriveva tanti anni fa Annamaria Rivera. E non saranno i proclami lanciati quando sono all’opposizione a farci dimenticare più di 20 anni di storia di questi centri.
Trovo inoltre assurdo parlare di diritti umani da rispettare dentro questi centri, solo perché già la logica del rimpatrio è di per sè disumana.
Albert Einstein riferendosi alla guerra, diceva “non si può umanizzare, si può solamente abolire,” questa affermazione perentoria per quanto mi riguarda vale anche per questi centri. Vanno aboliti!
E continuando con le citazioni, Hannah Arendt nel 1951 scriveva: “Nessun paradosso della politica contemporanea è più pervasa di amara ironia del divario tra gli sforzi di sinceri idealisti, che insistono tenacemente a considerare ‘inalienabili’ diritti umani in realtà goduti soltanto dai cittadini dei paesi più prosperi e civili, e la situazione degli individui privi di diritti, che è costantemente peggiorata, sino a fare del campo di internamento la soluzione corrente del problema della residenza delle displaced persons”.
Mi sono sempre amaramente riconosciuto in quelle parole…
Sergio Serraino
COORDINAMENTO PER LA PACE – TRAPANI – 2002-2003
a cura di
VALERIA BERTOLINO
SERGIO SERRAINO
A cura di Valeria Bertolino e Sergio Serraino del Coordinamento per la pace di Trapani
Storie da un lager: un libro bianco sul CPT “Serraino Vulpitta” di Trapani
16 Aprile 2003
Il Centro di permanenza temporanea di Trapani é il primo ad essere aperto in Italia e viene inaugurato nel luglio del 1998 nei locali della Casa di Riposo per Anziani “Rosa Serraino Vulpitta” alla presenza del capo della polizia Masone e del sottosegretario agli interni Sinisi. Viene celebrato come “il fiore all’occhiello” del Ministero degli Interni.
Da subito però si verificano rivolte, tentativi di fuga, episodi di autolesionismo da parte degli immigrati trattenuti. Il clima é di continua, altissima tensione.
Nella notte fra il 28 e il 29 dicembre del 1999, dopo l’ennesimo tentativo di fuga, uno degli immigrati appicca il fuoco ad alcuni materassi in una camerata. E’ l’inferno.
Nel rogo muoiono bruciati vivi tre giovani tunisini, altri tre moriranno in ospedale a causa delle ustioni riportate: Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nasim.
Nel mese di gennaio, viene presentato un esposto alla magistratura in cui si denunciano le condizioni di sicurezza inaccettabili e le carenze strutturali del centro: mancano le uscite di sicurezza, i corridoi sono troppo stretti per permettere il deflusso in caso di emergenza, gli estintori sono in numero insufficiente.
L’indagine che scaturisce dall’esposto porta nel luglio del 2000 al sequestro del centro da parte dell’autorita’ giudiziaria; il prefetto di Trapani Cerenzia riceve un avviso di garanzia per omissione di atti d’ufficio ed omicidio colposo plurimo.
Il Ministero degli Interni si rivolge al Tribunale del riesame che, nel settembre dello stesso anno, dispone il dissequestro del centro, non entrando però nel merito dell’inchiesta sul rogo ma rilevando soltanto come i lavori di ristrutturazione fatti in seguito ne rendano accettabili le condizioni di sicurezza all’interno. La Procura di Trapani ricorre alla Corte di Cassazione, il “Serraino – Vulpitta” riapre ufficialmente il 15 novembre 2000.
L’inchiesta si conclude con il rinvio a giudizio dell’ormai ex prefetto di Trapani per omissione di atti d’ufficio, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose nei confronti degli agenti di polizia rimasti feriti nel rogo, omessa cautela per non aver predisposto le misure di sicurezza necessarie ed il piano antincendio. Attualmente il processo é in corso.
Dal 2000 la gestione del Vulpitta é affidata alla cooperativa “Insieme” di Castelvetrano. Direttore del centro, nominato con decreto dal prefetto Cerenzia, é il cav. Giacomo Mancuso, già responsabile del centro di accoglienza Badia Grande della Caritas di Trapani.
Dopo il rogo il Ministero degli Interni ha fissato in 54 unità il numero massimo di trattenuti al Vulpitta; tale limite però viene spesso ampiamente superato.
Il Vulpitta dopo le ristrutturazioni, assomiglia sempre più ad un carcere. La cosa che colpisce di più é la presenza di sbarre dovunque.
Si accede al centro da via Tunisi. L’ingresso é sorvegliato da un agente di polizia. Per entrare nell’edificio bisogna attraversare un campetto di calcio, circondato da una alta e spessa rete di protezione. Al piano terra ci sono gli uffici del personale della Questura, del direttore del centro ed un magazzino, al 1° piano c’é il centro di identificazione, un corridoio e alcune stanze. Spesso é vuoto, qualche volta ci sono gli immigrati appena sbarcati in qualche parte della provincia che non hanno trovato posto al piano di sopra, in attesa di essere fotosegnalati e smistati in altri centri; possono rimanere lì anche per giorni; in questo caso dormono a terra sopra delle coperte. Quando ciò si verifica, quasi sempre il cancello e la porta anti – incendio che danno sul corridoio vengono chiuse.
Al 2° piano c’é il centro di trattenimento, diviso in due settori; il primo sottoposto alla vigilanza della polizia, il secondo a quella dei carabinieri, collegati fra loro da un ballatoio esterno, di solito nel settore dei carabinieri vengono trattenuti i tossicodipendenti e coloro che provengono dal carcere. I poliziotti, a differenza dei carabinieri, sono armati. Le celle danno tutte sul ballatoio, alle sbarre dei cancelli delle celle ci sono sempre appesi ad asciugare i vestiti che gli stessi immigrati lavano.
Gli unici spazi in cui i trattenuti possono stare, oltre alle celle, sono i corridoi interni, anche questi chiusi da un cancello. Le celle misurano circa cinque metri per cinque. Quando il centro e’ sovraffollato vi vengono sistemate anche dieci brandine. C’é anche una cella di isolamento per chi si agita troppo o per chi non vuole dormire con gli altri perche’ ha paura. Le lenzuola sono di carta.
I trattenuti possono uscire all’esterno solamente nell’ora d’aria per giocare a calcio, a gruppi di otto, provenienti tutti dallo stesso settore per evitare pericolose “alleanze”, scortati da un numero pari o addirittura superiore di agenti.
All’arrivo al Vulpitta viene consegnato loro un borsone con una camicia e un paio di pantaloni o una tuta, delle scarpe di tela tipo tennis, dei capi di biancheria intima. Ogni dieci giorni i trattenuti ricevono una scheda telefonica da 5 euro a testa e ogni settimana un pacchetto di sigarette. I rimpatri vengono effettuati il lunedì e il giovedì; nel mese di agosto anche il sabato; gli immigrati vengono prelevati dal centro e condotti con i mezzi della polizia al porto di Trapani per essere imbarcati sulla nave per Tunisi.
Esiste un progetto, gia’ approvato dal Ministero degli interni, per la realizzazione a Trapani in contrada Milo di un altro CPT con una capienza di 200 posti e di un centro di identificazione per 500 immigrati, la cosiddetta “cittadella dell’accoglienza” (definizione del sottosegretario D’Alì).
(a cura del Coordinamento per la pace di Trapani)
La situazione processuale alla vigilia della sentenza sul rogo del ’99
Intro: le Storie del Vulpitta
La situazione processuale alla vigilia della sentenza sul rogo del ’99
Intro: le Storie del Vulpitta
TYSON, 30 anni, albanese.
CHOCKRI, 28 anni, tunisino.
LARBI, 24 anni, tunisino
AURELIAN, 27 anni, rumeno
MOLAN, STEBAN, KUMARA e gli altri, vengono dallo Sri Lanka.
NANAYAKKARA, 30 anni, viene dallo Sri Lanka; dall’89 vive a Palermo.
SALEM, 32 anni, algerino.
NICU, 40 anni, rumeno
BOUBAKER, 42 anni, tunisino.
DANIEL, MICHEL, ISLAM, ALI e gli altri, sono eritrei, etiopici, somali.
SADOK, 35 anni, tunisino.
IMED, 20 anni, algerino.
MOUSSA, MOHAMMED, ISSA, DENNIS, BENSON, JIBRILE E OMAR,
MOKTAR, 42 anni, marocchino.
STEFANIA e le altre.
KHALIFA, 35 anni, tunisino.
SATWINDER, JANSWINDER e i due GURDIP, hanno fra i 20 e i 25 anni, sono indiani.
ANDREJ, circa 40 anni, rumeno
LI MU SONG, cinese, ambulante, preso a Bari, al Vulpitta dal 19 aprile 2002.
CHIZOBA, 24 anni, nigeriano
HAJI, 31 anni, tunisino
MOHAMED, tunisino.
AHMED, 55 anni, tunisino
ALI, tunisino, proviene dal carcere di Castelvetrano
TAREK, 30 anni, algerino
SAMIR, 36 anni, tunisino
MUHEUDDIN, 23 anni, del Bangladesh
MOHAMED ALI, circa 30 anni, tunisino
NEJII, 25 anni, tunisino
KAMEL, 24 anni, algerino
YOUSSEF, MOHAMMED, HASEN, KARIM e gli altri.
MOUSTAFA’
MOKTAR, HAMID, FARID, algerini
NACEUR, 36 anni, tunisino
YOUSSEF, 20 anni, Palestinese
FATHI e MAJDI, tunisini, di 15 e 16 anni.
SALEM, 31 anni, tunisino. MOURAD, 20 anni tunisino
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