Vincenzo Vecchi: chi è l’attivista che rischia 12 anni di carcere per il G8 di Genova
Condannato sulla base del codice Rocco e rifugiato in Bretagna, l’Italia ne chiede l’estradizione. Mobilitazione di cittadini e intellettuali francesi: “Arrestate anche noi”
di Eleonora Mureddu
Intellettuali, docenti universitari e gli abitanti di un piccolo borgo nel nord della Francia si stanno battendo perché Vincenzo Vecchi, uno dei “dieci di Genova”, gli attivisti condannati per gli scontri durante la manifestazione anti-G8 del 2001, non finisca in carcere. Secondo una sentenza del 2009, Vecchi dovrebbe scontare a dodici anni e mezzo di carcere per “devastazione e saccheggio” sulla base di quanto previsto dal codice Rocco, adottato sotto il regime di Mussolini. Il capo d’accusa prevede che per essere condannati sia sufficiente trovarsi in un luogo dove ci sono dei disordini, venire fotografati o riconosciuti, sorridere o dimostrare “empatia” nei confronti di quello che accade. Dunque, essere presenti alla manifestazione, è sufficiente per essere arrestati.
Le peripezie giudiziarie
Vecchi, in seguito al verdetto del tribunale italiano, si era rifugiato in Francia. L’Italia ne aveva chiesto l’estradizione. Era stato arrestato lì nell’agosto 2019 in base a un mandato di arresto europeo. Poi, su decisione della Corte d’appello di Rennes, che ha ritenuto che ci fosse un errore procedurale, è stato rilasciato. Dopo un ricorso in Cassazione, il caso è tornato davanti alla Corte d’appello di Angers, che ha ritenuto troppo vaghe le motivazioni della condanna. L’attivista è stato accusato di aver danneggiato una banca e un veicolo. Ma i giudici hanno sottolineato che per questi due atti Vecchi era “nelle vicinanze” e che questo non poteva costituire una complicità. Inoltre, poiché l’accusa di “devastazione e saccheggio” non esiste in Francia, i giudici hanno anche ritenuto che la pena inflitta in Italia non potesse essere eseguita nel Paese.
Nonostante, per ben due volte, la giustizia francese si sia pronunciata in difesa dell’attivista, le cose potrebbero mettersi di nuovo molto male per il genovese. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ritenuto che la Francia non possa opporsi all’esecuzione del mandato d’arresto europeo e ha nuovamente rinviato il caso alla Corte di cassazione francese, che si pronuncerà l’11 ottobre.
“Siamo tutti colpevoli”
La vicenda sta ottenendo una forte eco mediatica in Francia, dove attivisti, intellettuali e gli abitanti di Rochefort-en-Terre, paesino bretone di 650 anime dove Vecchi vive dal lontano 2011, si stanno battendo contro l’estradizione del genovese. In Bretagna, l’ex attivista aveva stretto amicizie preziose. Dopo il suo arresto, i suoi compaesani hanno costituito d’urgenza un comitato di sostegno di circa sessanta persone. In una dichiarazione, il comitato ha affermato che la corte di Giustizia “esprime la volontà politica di reprimere e spegnere qualsiasi forma di protesta nella sua forma più elementare, il diritto di manifestare. Questo tipo di legge che distrugge la libertà permette anche di nascondere la violenza di Stato che si è verificata durante la sanguinosa repressione del contro-vertice di Genova nel 2001”.
Nelle ultime settimane sono state organizzate una serie di manifestazioni in difesa dell’uomo e sono state scritte varie lettere da parte della società civile. “Questa legge di origine mussoliniana minaccia direttamente il diritto di manifestare e costituisce un attacco decisivo ai principi più elementari“, recita una lettera inviata a Le Monde da alcuni intellettuali francesi. Questa norma, continua la lettera, aveva come unico scopo “quello di impedire qualsiasi opposizione alla dittatura, consentendo la repressione indiscriminata delle manifestazioni“.
“La caratteristica di questa incriminazione, devastazione e saccheggio, il cui nome stesso ha lo scopo di spaventare, è l’istituzione del reato di complicità passiva, che permette di condannare a pene molto pesanti, tra gli otto e i quindici anni, i manifestanti che si sono trovati in prossimità della commissione di un reato, senza che la loro partecipazione debba essere provata. La loro semplice presenza sulla scena è considerata “supporto morale””, recita il testo.
“Una sentenza basata su una legge di Mussolini non può essere applicata nel 2022”, recita una lettera aperta firmata da oltre un centinaio di avvocati, accademici, artisti, sindacalisti belgi e francesi. “Dobbiamo dirlo forte e chiaro: abbiamo commesso tutti lo stesso reato di Vincenzo. Se deve passare dodici anni e mezzo in prigione per questo, dovremmo andare in prigione anche noi. Rischiamo anche questa condanna”, conclude la lettera.
Un pesante bilancio
Seicento feriti, 360 arresti, 25 milioni di euro di danni, la morte di Carlo Giuliani. Secondo le parole di Amnesty International, quanto accaduto durante il G8 di Genova del 2001 è stata la “più grande violazione dei diritti umani e democratici in un Paese occidentale dalla Seconda guerra mondiale”. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato tre volte l’Italia per le torture e i trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei manifestanti, e per non aver perseguito gli autori di questa violenta repressione, ossia gli agenti delle forze dell’ordine e i loro superiori. Sono passati più di 20 anni dai violenti scontri del G8 di Genova. Sono passati più di 20 anni, ma tra i manifestanti c’è chi ancora sta pagando le conseguenze di quelle tragiche giornate. L’Italia ha impiegato più di quindici anni per mettere in discussione l’azione delle sue forze di polizia, ma è stata rapida nel perseguire i “dieci di Genova”, attivisti che hanno ricevuto condanne fino a quindici anni di carcere.
da Europa Today