Il Ministro Salvini utilizza la precettazione come arma di un potere ostile verso i lavoratori e per restringere ulteriormente gli spazi democratici
di Federico Giusti
Si può scioperare in un comparto invocando aumenti contrattuali adeguati al costo della vita e in un altro invece sottoscrivere intese al ribasso? E’ possibile parlare di salario minimo e poi firmare un CCNL con paga oraria di gran lunga inferiore?
Senza polemica di sorta è una domanda dirimente per risultare credibili agli occhi della forza lavoro, per continuare a scioperare nelle prossime settimane.
La firma della preintesa per il CCNL autoferrotranvieri è stata già sviscerata dai sindacati di base che ne hanno evidenziato tutte le criticità della parte economica, il buono pasto fermo da lustri, gli orari di guida fin troppo lunghi, le turnazioni con ore di pausa non retribuita costringendo i tranvieri a logoranti attese impropriamente definite recupero psico fisico.
La parte normativa rinviata come se gli aspetti normativi, contrattuali ed economici non andassero di pari passo ipotizzando anche una sorta di bonus per i lavoratori disponibili ad allungarsi gli orari di lavoro già di per sè logoranti.
E al contempo, sempre Cgil e Uil, sottoscrivono il CCNL logistica rafforzando le prerogative dei sindacati firmatari in un settore dove i consensi dei sindacati di base sono assai diffusi (come del resto in ferrovia e nei trasporti)
Non si tratta di querelle tra sigle ma di sostanza, quando parliamo di logistica e dei trasporti andiamo a toccare i punti nevralgici di un sistema che deve favorire il trasporto delle merci anche a mero discapito dell’esercizio democratico.
E in un momento storico in cui il Ministro Salvini utilizza la precettazione come arma di un potere ostile verso i lavoratori e per restringere ulteriormente gli spazi democratici, sottoscrivere certe intese fa il gioco di un Governo che si dice di volere contrastare proprio nell’interesse dei lavoratori.
La storia dovrebbe insegnare ad esempio che la sottoscrizione dei codici di autoregolamentazione dello sciopero dettero vita a pesanti interventi legislativi che hanno limitato le agibilità sindacali e sociali, ma poco si sa di quanto avvenuto negli anni antecedenti e successivi alla pandemia con interventi concertati tra le parti datoriali e sociali.
Citiamo ad esempio la delibera n. 22/279 del 12 dicembre 2022 con cui la Commissione di garanzia pone il “divieto di concentrazione” di scioperi nazionali/locali del trasporto passeggeri, e nel TPL, su azioni di protesta a carattere “generale”, al fine di appurare, nel medio/lungo periodo, l’effettiva entità di due “valori” di particolare rilievo nell’ambito della lettura interpretativa dei “reali” dati di adesione alle varie tipologie di sciopero.
Dai trasporti il personale in uscita anche attraverso dimissioni volontarie, per gli insostenibili ritmi e tempi di lavoro, è in continua crescita tanto da spingere numerose aziende a proporre percorsi di formazione a carico delle stesse per acquisire le patenti necessarie, in cambio di contratti di formazione per altro sotto pagati, non intervenire su questo elemento da parte sindacale è un errore dettato da mera miopia e dall’ennesimo scambio tra briciole salariali e diritti.
Analogo discorso vale per il trasporto aereo nel quale bisogna superare continui ostacoli per indire uno sciopero, prenotarlo in largo anticipo” con una proclamazione di sciopero nazionale o di rilevanza nazionale. Questa sorta di prenotazione non risparmia poi le parti sociali da continui interventi della Commissione di Garanzia atti a spostare le date nell’interesse esclusivo delle parti datoriali.
Nella prospettiva di decrementare il conflitto sono avvenuti numerosi interventi ai quali vanno aggiunte le precettazioni del Ministro che vuole nei fatti limitare ai minimi termini proprio l’esercizio dello sciopero sia a livello nazionale che locale, imbrigliarlo in mille lacci e lacciuoli e alla fine facendo prevalere l’interesse aziendale sull’esercizio di un diritto costituzionale.
Non è casule che ormai si parli insistentemente di salvaguardia della produttività come principio guida delle relazioni sindacali e delle norme che regolano, o meglio quasi vietano, il pieno esercizio del diritto di sciopero con il cosiddetto bilanciamento dei diritti che poi rafforza solo le prerogative datoriali e del Governo di turno.
Non è casuale la proposta di inasprire le sanzioni, individuali e a carico del sindacato, pecuniarie in caso di violazione delle norme in materia di sciopero o la criminalizzazione dei blocchi stradali e dei cancelli attraverso il ddl 1660.
Questi aspetti, democratici e di agibilità sindacali, dovrebbero essere parte integranti di una rivendicazione generale e di comparto in una fase storica nella quale il Governo mira a delegittimare il mero esercizio dello sciopero, sottoscrivere allora intese economicamente perdenti con aumenti contrattuali inferiori alla inflazione, barattare pochi euro in cambio di aumento della produttività e dei tempi lavorati, non rivendicare spazi maggiori di agibilità sindacale è a nostro avviso la premessa per ulteriori e nefasti interventi che limiteranno sempre più le agibilità sociali e collettive.
E senza il diritto di sciopero la forza lavoro perde la sola arma per affermare i propri diritti
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